L’Italia dipende dall’acciaio dell’Est. Quale futuro per il comparto siderurgico?

Acciaio

Più DRI (preridotto), meno ghisa e ferroleghe, rottame sostanzialmente stabile. Questa la situazione delle importazioni italiane di materie prime negli ultimi 15 anni. È questo il cuore dell’analisi presentata dall’Ufficio Studi siderweb nel webinar MERCATO & DINTORNI, organizzato dalla community dell’acciaio.

Dopo il picco del 2011, le importazioni italiane di ferroleghe sono calate fino ai minimi del 2020 (489.196 tonnellate), prima della ripresa del 2021. Il trend all’import resta però discendente; all’export, i volumi nel quindicennio analizzato sono più che sestuplicati.

L’import di DRI è cresciuto dalle 147.249 tonnellate del 2009 agli 1,245 milioni del 2018, prima di crollare nel 2020 e riprendersi nel 2021 (1,044 milioni di tonnellate).

Quanto alla ghisa, l’Italia storicamente è un grande importatore. Nel 2021 i volumi sono stati di 1,393 milioni di tonnellate, in aumento rispetto al 2020 ma ancora sotto il livello medio del periodo 2014-2018.

Infine, il rottame nel corso del quindicennio è stato il prodotto più costante, con volumi medi all’import pari a circa 5,1 milioni di tonnellate annue, ma con un importante balzo avanti nel 2021 (6,5 milioni di tonnellate).

“Il comparto delle materie prime siderurgiche rimane molto importante per la siderurgia nazionale, che ne è importatrice netta”,  ha spiegato Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb. “In prospettiva – ha sottolineato – sono preoccupanti le dipendenze dalle ferroleghe ucraine (13% del fabbisogno nazionale), dal DRI russo (87%) e dalla ghisa sia russa (30%) sia ucraina (51%), che in futuro potrebbero subire un rallentamento dei volumi a causa del conflitto o di eventuali nuove sanzioni“.

Il conflitto in Ucraina, ha spiegato Massimo Pennacchio, amministratore delegato di Bicomet, società di Brescia che lavora e commercia rottami ferrosi e non ferrosi, “ci ha aperto gli occhi su quanto fossimo dipendenti per le materie prime dai Paesi dell’Est. Ora, anche per quanto riguarda rottame, DRI e ghisa dobbiamo trovare delle alternative”. Il primo semestre dell’anno è stato abbastanza buono ma “anche se non sentiamo le conseguenze dirette dei rincari energetici, ne subiamo gli effetti”, ha ribadito. Il fatto che le acciaierie siano state costrette a produrre a singhiozzo ha avuto ricadute sulla filiera degli approvvigionamenti. “Si è scatenato un nervosismo che ha contagiato le contrattazioni, con anche richieste di tendenza opposta nell’arco delle 24 ore. Speriamo che nel 2023 si torni ad avere un confronto più stabile”.

Un auspicio espresso anche da Gianmichele Foglia, direttore commerciale di Metalleghe, gruppo internazionale con sede nel Bresciano che commercia ferroleghe: “Quello che posso indicare – ha affermato – è la speranza che per il 2023 si possano tornare a vedere una richiesta più stabile e un recupero delle quotazioni. Ma siamo ancora in una fase dove tutti gli indicatori possono cambiare direzione in maniera repentina“. Tuttavia, il direttore di Metalleghe, ha dichiarato che nelle “ultime settimane un po’ di richiesta è tornata”. Per i mercati extra Ue ci si sta approcciando sempre di più a Nordafrica e Turchi: “Alcune realtà – ha aggiunto – hanno l’obiettivo dichiarato di conquistare le quote di mercato lasciate libere dal rallentamento delle acciaierie europee. Ritengo che l’Ue – ha concluso – debba pensare a come tutelare le proprie realtà”.

Dall’altra parte del mondo, la Cina sta rallentando. “I primi sette mesi dell’anno – ha illustrato Emanuele Norsa, editor di Kallanish e collaboratore di siderweb – hanno mostrato una contrazione importante. Le motivazioni sono diverse; tra tutte spiccano le restrizioni per l’emergenza Covid e l’atteggiamento di attesa per il congresso del Partito Comunista da cui emergeranno i nuovi vertici del Paese. Pertanto, per il 2022 ci aspettiamo un calo compreso tra il 5% e 6% per produzione, consumo apparente e domanda degli utilizzatori finali”.

Quanto infine a RICREA, il Consorzio Nazionale per il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Acciaio, il presidente Domenico Rinaldini ha spiegato che “la prima parte dell’anno, fino a luglio, è stata in crescita, sia per l’acciaio sia per altre materie prime (come plastica e alluminio) di cui si occupa il Consorzio CONAI di cui facciamo parte”. Poco prima della pausa estiva c’è stata un’inversione di tendenza sul fronte del consumo, mentre sul fronte della raccolta degli imballaggi in acciaio non ci sono criticità. “In un contesto simile – ha puntualizzato – resta molto complesso fare previsioni sui prossimi mesi. Di norma per gli imballaggi industriali questo è un periodo di calma, ma stiamo notando un rallentamento superiore rispetto agli anni precedenti”.