Se l’Ufficio fonda l’avviso di accertamento su mere presunzioni, prive di supporto alcuno, viene violato l’onere probatorio.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Milano con la sentenza n.2955/2023.
Nel caso in esame, il ricorrente impugnava l’atto, eccependo la carente motivazione e la sua palese contraddittorietà, avendo l’Ufficio basato l’intero accertamento su una ‘semplice presunzione derivante da informazioni riguardanti società completamente estranee alla ricorrente’.
“La Corte di primo grado, accogliendo il ricorso del ricorrente, ha precisato che l’Amministrazione Finanziaria che vanta un credito nei confronti del contribuente è tenuta a fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa impositiva. L’onere di dimostrare la legittimità della pretesa fiscale – spiega Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili -ricade da sempre in capo all’Amministrazione Finanziaria, per la quale valgono i principi generali della prova che comportano che la responsabilità e l’onere della prova gravi su chi afferma o pretende qualcosa”.
“Inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità – prosegue Accolla – nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite in una frode carosello, ha l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta”.
Pertanto, l’atto impositivo deve essere annullato in quanto manca la prova della fondatezza della pretesa tributaria.