Milano. I raggi del sole filtrano ovattati attraverso la futuristica copertura in acciaio e vetro del palazzo della Regione Lombardia, restituendo l’intensità dell’azzurro del cielo. All’ufficio di Attilio Fontana, il Governatore, si arriva con un ascensore che fila velocissimo verso l’alto fino al 35esimo piano: l’ingresso in moquette lascia spazio a un’ampia scatola di vetro dove l’occhio si perde tra i grattacieli della City, la verde Biblioteca degli alberi e sulla destra, in lontananza, la sagoma del Monte Rosa. Da un divano beige con vista che arriva quasi al lago di Garda, Fontana è pronto a raccontare la ripresa dell’azienda Italia dal suo punto di vista privilegiato. È così, in ‘clima’ da confessioni che, senza aspettare la prima domanda, rompe gli indugi con un’affermazione gravida di ottimismo: “Finalmente stiamo ripartendo, i segnali ci sono tutti e non vediamo l’ora di imboccare in maniera più spigliata questa direzione”.
Governatore, pensa che la cabina di regia avrebbe dovuto essere più ‘spigliata’ in tema riaperture?
Considerando l’andamento oggettivamente positivo dei numeri avremmo accolto con favore una linea più aperturista. Penso che il Governo avrebbe potuto essere più audace, ma nel complesso mi ritengo soddisfatto. L’importante è aver mandato alla popolazione il messaggio che la tendenza si sta invertendo e che siamo prossimi a una quasi libertà, seppur con tutte le precauzioni del caso. È ovvio che abbiamo imboccato la strada giusta e adesso dobbiamo pensare a guardare avanti.
La Lombardia è stata la prima regione ad affrontare la pandemia e anche la più colpita. Com’è cambiata la percezione del suo ruolo in questi mesi drammatici e che bilancio può fare della situazione? A posteriori c’è qualcosa che farebbe diversamente?
La percezione non è cambiata, ma si è monopolizzata sul pensiero costante di combattere il virus, di contenerlo e renderlo meno letale. Una preoccupazione che mi ha accompagnato ventiquattro ore al giorno, a cui si aggiungeva il pensiero angosciante di come poter tamponare la catastrofe economica. È stato un anno letteralmente assorbente e tutt’ora siamo in un campo dove serve muoversi in punta di piedi, dove anche le scelte apparentemente sbagliate si sono rivelate giuste e viceversa. Per tirare le somme dobbiamo avere la pazienza di portare a termine la campagna vaccinale: allora potremo fare un bilancio e, speriamo, mettere un primo punto a questo capitolo nero della nostra storia. Dico ‘primo’ perché non possiamo pensare che la situazione rientri dall’oggi al domani, anzi credo che sarà necessario ripetere i cicli vaccinali e mantenere certi accorgimenti nel tempo.
All’inizio della campagna vaccinale i problemi non sono mancati, ma poi la Lombardia è riuscita a ingranare fino a tornare alla guida del Paese con una media di quasi 100mila iniezioni al giorno. Che cosa ha determinato il cambio di passo?
A dire il vero, le premesse affinché le cose funzionassero bene c’erano tutte. Abbiamo avuto difficoltà con il sistema informatico (ndr. Aria Spa) che ci ha rallentato parecchio, ma nel complesso i danni sono stati inferiori a quelli che si sono voluti far passare: non abbiamo sprecato neanche una dose di vaccino, nessuno è stato dimenticato. Una volta superata la fatica iniziale abbiamo dimostrato di condurre la campagna meglio organizzata. Tanto è vero che il modello lombardo è stato ‘copiato’ a livello nazionale, perché siamo stati i primi ad avere avuto l’intuizione di mobilitare la protezione civile a supporto di medici, infermieri e cittadini. La mossa vincente è stata proprio la collaborazione tra personale sanitario, protezione civile e volontari. Entrare negli hub vaccinali e vedere questo mutuo soccorso mi ha toccato nel profondo.
Come si integra nella strategia regionale il piano di vaccinazioni nelle aziende? Il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, chiede una risposta politica rapida in questo senso.
Non è questione di risposta politica. La volontà da parte nostra c’è da quando abbiamo firmato per primi l’accordo con Confindustria ed è tutt’ora forte, ma dobbiamo seguire le istruzioni del generale Figliuolo: mettere prima in sicurezza tutti gli ultrasessantenni e assicurarci di avere quantità sufficienti di vaccino. Però ripeto, la Lombardia è pronta a far partire le vaccinazioni nelle aziende, i lavoratori devono potersi recare sul luogo di lavoro con serenità, sappiamo quanto questo sia importante.
Cosa pensa della dichiarazione di Luca Zaia sulla disponibilità della regione Veneto a offrire la seconda dose anche ai turisti che si trovano in vacanza sul territorio?
Sono dell’idea che bisogna essere cauti. Dobbiamo attendere di avere a disposizione un numero maggiore di vaccini. Sicuramente si tratterebbe di un plus non indifferente per i turisti, ma è presto per dire che saremo davvero in grado di attuare un tale proposito. Quando, tra poco, avremo visibilità sulle disponibilità del mese di giugno allora saremo in grado di pronunciarci. Al momento, per venire incontro ai cittadini della regione che vogliano prendersi una vacanza, abbiamo eliminato il richiamo alla dose vaccinale nelle due settimane centrali di agosto.
Industria meccanica in Lombardia è sinonimo di produttività. Quali sono le azioni predisposte dalla sua Regione per supportare la ripartenza di questo comparto strategico?
Alcuni comparti stanno tutt’ora soffrendo terribilmente, ma la voglia di ripartenza è tanta da essere incontenibile, com’è giusto che sia. Lo dimostrano le ottime performance che la manifattura sta registrando. Quando il capitolo pandemico si potrà dire archiviato, torneremo a concentrarci sull’economia e a quel punto le aziende ripartiranno con un entusiasmo ancora maggiore. È solo questione di tempo, ma sono convinto che la Lombardia tornerà più forte di prima sia sul panorama nazionale che su quello europeo e questo vale anche per l’industria manifatturiera. Alle imprese la regione sta destinando numerose risorse sia attraverso l’iniezione nell’economia reale di 4 miliardi e mezzo sia con il piano per la patrimonializzazione attualmente allo studio dall’assessore Milesi. Certo, gli strascichi della crisi sanitaria pesano ancora sulla disponibilità di materie prime, che attualmente è scarsa e rallenta la ripresa della produzione a ritmi elevati, ma siamo fiduciosi che l’emergenza possa rientrare.
Allarghiamo la prospettiva. Ha fiducia nel Governo Draghi?
Ora si, sono contento di come Draghi sta orchestrando il Governo perché finalmente si è messo in ascolto. È facile sentenziare, ma per coniugare le esigenze di tutti (partiti politici e cittadini) serve trovare una linea mediana, con umiltà e acume. Doti che l’attuale Presidente del Consiglio sta confermando di possedere.
Secondo Draghi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza contiene il “destino del Paese”: come potrà fare davvero la differenza secondo lei?
Il PNRR ha di veramente inedito il fatto che punta a investire risorse mai messe in campo prima con un’idea di progetto di futuro e questa progettualità, a mio avviso, è il fattore più positivo del piano. Inoltre, sembra che chiami in causa le regioni con un coinvolgimento diretto che dovrebbe consentire a ciascuna amministrazione di spendere davvero i soldi, senza restituirli all’UE alla fine del settennato. Nella Regione Lombardia ci impegneremo a fondo in un processo di sburocratizzazione. È inaccettabile che i cittadini debbano sottostare a tempistiche bibliche: le modalità attuali ci tolgono la possibilità di stare al passo con i tempi e la qualità stessa ne è affetta in maniera negativa, aprendo la strada a chi se ne approfitta.
Il 40% delle risorse richieste dal PNRR è destinato al Sud per colmare un divario ancora troppo grande con il Nord. Sarà possibile bilanciare la situazione?
A oggi il Sud è la parte del Paese che spende meno le risorse europee messe a disposizione. Ora che gli investimenti sul territorio si fanno reali mi auguro che riuscirà a sfruttarli al meglio per cercare di recuperare i ritardi infrastrutturali materiali e immateriali. Regione Lombardia li spende tutti, quei soldi europei.
Uno degli obiettivi principali del PNRR riguarda l’inclusione, in termini di parità di genere e di coinvolgimento dei giovani. Come si sta muovendo la Lombardia in queste due direzioni?
Il tema dell’inclusione ci tocca da vicino. In Regione Lombardia siamo consapevoli di quanti passaggi ancora ci siano da fare per ridurre il gender gap e ci stiamo impegnando nella direzione della parità di genere. Per esempio, abbiamo messo a disposizione 170 milioni di euro per progetti di rigenerazione urbana e inclusione sociale destinati a 12 città lombarde con 15 milioni a testa per portare avanti iniziative meritevoli. il futuro è innovazione, ricerca e giovani: per questo favoriamo la partenza di start up giovanili, la più recente collaborazione è con il Politecnico di Milano. Il pacchetto ITS è la prova che stiamo spingendo l’acceleratore sui pacchetti di formazione, sui quali siamo nettamente avanti rispetto alla media nazionale ma indietro rispetto a quella europea. Negli istituti tecnico-professionali si gioca la partita di far dialogare imprese e studenti.
A questo proposito, la preferenza dei giovanissimi per gli indirizzi liceali è confermata anche dagli ultimi dati sulle iscrizioni all’anno scolastico 2021/2022, a discapito degli istituti tecnici e soprattutto professionali.
Stiamo assistendo a uno slittamento culturale. È fondamentale far capire che l’istruzione derivante da una formazione pratica non è di serie B, tutt’altro. Gli istituti tecnici e professionali danno accesso diretto al mondo del lavoro, che è uno degli obiettivi più importanti. Basti pensare che oggi oltre 300mila posti lavoro sono vacanti perché si fatica a trovare profili giovani di periti, come rivela l’allarme lanciato da Confindustria.
Una soluzione potrebbe essere l’introduzione della filosofia come materia di insegnamento anche per gli indirizzi tecnici e professionali?
Sa, io ho fatto il liceo classico e credo che la cultura sia fondamentale per conoscere il mondo che ci circonda. Aiutare i più giovani a destreggiarsi in una realtà che cambia così rapidamente significa anche metterli nelle condizioni di poter capire e discutere di qualsiasi argomento con un punto di vista critico. In questo la filosofia potrebbe certamente essere utile, a patto che il focus resti la matrice tecnica.
Milano continuerà a essere la locomotiva d’Italia?
Si, che Milano abbia le forze per trainare il Paese lo dimostriamo con i fatti. Sarebbe bello che i nostri sforzi venissero riconosciuti anche a livello nazionale, permettendoci di concludere quanto prima la campagna vaccinale per poi aiutare chi è più in difficoltà.
Un ultimo sguardo agli alberi del parco botanico contemporaneo di recente installazione nel cuore di Porta Nuova. Il periodo della tarda fioritura non potrebbe essere più suggestivo e ben augurante.