Il liquidatore della società è un creditore della stessa e ha diritto a un congruo compenso per l’attività svolta.
È quanto emerge dalla lettura della sentenza n.16931/2023 della Quinta Sezione Penale della Corte di cassazione, chiarendo
“La Suprema Corte – spiega Michela Benna, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – ha inoltre chiarito che l’autoliquidazione di somme a proprio favore, ove deliberate dall’assemblea, altera la ‘par condicio creditorum’, ma non depaupera la società e integra il reato di bancarotta preferenziale, mentre ricorre il delitto di bancarotta fraudolenta nel caso in cui il compenso attribuito risulti sproporzionato rispetto all’attività svolta”.
“Pertanto – aggiunge Benna – il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva, con riguardo al liquidatore, richiede l’accertamento che gli importi relativi al compenso – anche alla luce dei parametri legali di liquidazione previsti per gli amministratori, risultino sproporzionati all’attività svolta”.