Il lavoro supplementare è l’attività prestata dal dipendente a tempo parziale in misura ulteriore rispetto all’orario di lavoro contrattualmente definito ma entro l’orario ordinario full time: 40 ore settimanali o la misura inferiore stabilita dai contratti collettivi ai fini contrattuali. I contratti collettivi possono stabilire un orario inferiore e commisurare l’orario alla durata media delle prestazioni su periodi di 4,6 o 12 mesi, non superiori all’anno.
“Può essere previsto tramite un accordo sottoscritto tra le parti, la forfettizzazione del lavoro supplementare – evidenzia Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – con una retribuzione forfettaria a sostituzione delle retribuzioni relative al lavoro supplementari”.
Se il compenso erogato a titolo di forfetizzazione del lavoro supplementare è accordato al lavoratore per lungo tempo e non correlato all’entità presumibile della prestazione supplementare resa, vale come un superminimo non riducibile unilateralmente dal datore di lavoro. “Sempre tramite un accordo scritto – prosegue Accolla – possono essere richieste variazioni temporali o aumenti fino al 25% della normale prestazione annua part-time, con un preavviso di 2 giorni”.
Per le ore supplementari, il lavoratore ha diritto a una retribuzione oraria maggiorata rispetto a quella del lavoro ordinario. I contratti collettivi possono prevedere, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, riposi compensativi.