La legittimazione passiva del fallito

La sentenza delle sezioni unite della Cassazione

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In caso di inerzia del curatore, il fallito (o gli ex amministratori della fallita) ha sempre legittimazione passiva ad impugnare atti concernenti debiti sorti prima della dichiarazione di fallimento.

Il principio, stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.11287/2023, è stato ribadito anche dalle Corti di merito.

“La Corte di Giustizia Tributaria di II° grado della Sardegna, con la sentenza n. 365/2023 – spiega Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili –  sostiene le osservazioni del primo giudice, il quale ha riconosciuto la legittimità a ricorrere in capo agli ex amministratori della fallita, in quanto chiamati in causa e titolari dell’interesse a veder riconosciuta la loro estraneità ai fatti contestati a terzi”.


Il recupero delle imposte in capo all’amministratore di una società di capitali ormai estinta è infatti subordinato alla notifica da parte dell’Agenzia delle Entrate di un atto contenente la pretesa e le ragioni per le quali egli è obbligato, in base a specifici presupposti, a versare l’imposta accertata in capo alla società.


“Principio confermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15377 del 2020 – prosegue Accolla – secondo il quale non è sufficiente la mera notifica della cartella intestata alla società in quanto l’ex amministratore deve essere messo nelle condizioni di contestare la fondatezza della pretesa impositiva ed invero, le cartelle di pagamento oggetto di causa, sono atti produttivi di effetti solamente nei confronti della società nei cui confronti è stato esperita la pretesa tributaria”.