In materia di delitti di autoriciclaggio e di riciclaggio, di particolare interesse è la sentenza n.1309/2024 della Corte di Cassazione, la quale chiarisce due aspetti importanti.
Per quanto riguarda l’autoriciclaggio, la Suprema Corte ha stabilito che è irrilevante che le condotte illecite, costituendo il reato presupposto, siano state poste in essere prima dell’entrata in vigore della Legge n.186/2014.
“Il divieto posto dalle norme infatti – spiega Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – si realizza nel momento del reimpiego dei capitali illeciti e non su quello della loro accumulazione. Il soggetto agente, compiendo le condotte di impiego, sostituzione e trasferimento in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, lede il bene giuridico tutelato, relegando l’origine dei proventi a presupposto del reato”.
“Quanto invece al delitto di riciclaggio, secondo quanto stabilito nella sentenza, per la configurabilità dell’aggravante della commissione del fatto nell’esercizio di un’attività professionale – continua Alfredo Accolla – non sono rilevanti solo le attività per le quali è richiesta una speciale abilitazione o l’iscrizione a un particolare albo, ma qualsiasi attività economica o finanziaria diretta a creare nuovi beni e servizi o finalizzata allo scambio e alla distribuzione di beni nel mercato del consumo”.
L’aggravante si applica per sanzionare con maggior rigore quei fatti di riciclaggio che vengono commessi approfittando dello svolgimento di determinate qualifiche professionali e delle competenze acquisite in tali ambiti che agevolano la commissione del reato.