
La Corte di Cassazione torna sul tema della bancarotta semplice documentale (sent.18482/2023), stabilendo che il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice è leso ogni qualvolta l’irregolare tenuta delle scritture contabili impedisca alle stesse di assolvere alla loro tipica funzione di accertamento.
Nel caso in esame, il libro degli inventari è stato tenuto in modo irregolare, mancando di iscrizioni idonee a individuare i saldi di clienti e fornitori, la tipologia e la quantità dei prodotti giacenti in magazzino a fine esercizio.
“La Suprema Corte, ha ribadito che la irregolare tenuta delle scritture contabili obbligatorie assume rilevanza sul piano penale ove lento – spiega Rosa Santoriello, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – questo ne comporti la redazione in maniera tanto sintetica da privarle del grado di dettaglio ritenuto indispensabile dalla normativa di riferimento”.
“Rispondendo al ricorrente che ha dedotto l’erronea applicazione dell’art.27, comma 2, L.Fall., trattandosi invece di violazione meramente formale dei requisiti di legge – prosegue Santoriello – gli Ermellini hanno rilevato che nel caso in esame è evidente che l’assenza di indicazioni idonee ha reso necessario il ricorso a scritture diverse ed ulteriori rispetto al singolo libro degli inventari, impedendo insomma a quest’ultimo di svolgere la funzione che gli è propria, con conseguente ed inevitabile offesa al bene giuridico tutelato dalla norma”.
Inoltre, per i Supremi Giudici, risulta del tutto indifferente che il curatore abbia riferito di essere comunque riuscito a ricostruire in maniera completa il patrimonio sociale.