
La partita dei prossimi anni in Toscana si giocherà sull’utilizzo efficiente delle risorse messe a disposizione dal Recovery Fund – circa 2 miliardi di euro fino al 2026 – e anche di quelle del prossimo settennato. A sostenerlo è Leonardo Marras, assessore all’economia e al turismo di Regione Toscana, che ribadisce l’imprescindibilità di innescare investimenti per rafforzare la digitalizzazione sul territorio ed esperienze positive che garantiscano dignità economica a ciascun lavoratore. Classe 1973, “roccastradino, maremmano, amiatino, toscano e anche un po’ sardo” come ama definirsi, Marras ha scalato, gradino dopo gradino, la strada della politica regionale di centrosinistra: sindaco del suo paese (Roccastrada) per due mandati, ad appena 26 anni, poi presidente della provincia di Grosseto e ancora consigliere regionale e capogruppo, oggi assessore nella giunta di Eugenio Giani.
Marras, il suo incarico è iniziato ad ottobre 2020. In pochi mesi si è trovato a fronteggiare una situazione inedita e imprevista, la più difficile sfida dai tempi del dopoguerra. Ad un anno dalla pandemia qual è la situazione economica della Regione di cui è assessore?
Sono stati mesi vissuti intensamente, con eventi unici nella storia della Toscana, emergenze e la sfida a trasformale in progetti e scelte di governo per tracciare una linea per il futuro. Da un punto di vista economico, come ha ben documentato qualche settimana fa l’Irpet, il nostro istituto di analisi, l’emergenza sanitaria ha lasciato ferite profonde. Il Pil ha perso il 12 per cento, bruciando 14 miliardi di euro: nel 2009, dopo la crisi finanziaria americana, la caduta fu meno del 4 per cento. La recessione mondiale innescata dalla pandemia ha penalizzato l’export, che negli anni passati aveva invece trainato la nostra economia. Ha colpito il turismo e le attività legate al tempo libero ma anche, dentro al manifatturiero, la meccanica, la moda e quindi la pelletteria, il cuoio e le calzature. Abbiamo già perso 23 mila posti di lavoro, altri 94 mila sono ibernati in virtù del blocco dei licenziamenti e del massiccio uso di ammortizzatori sociali. Persi, nel 2020, anche 48 mila posti di lavoro autonomo.
Quanto potrà incidere il Recovery Fund sulla ripresa dell’economia italiana?
Possiamo ripartire solo grazie agli investimenti, investimenti pubblici che possano aiutare quelli privati, e coniugando efficienza con sostenibilità: due parole chiave che devono essere guida. Vale per la Toscana ma anche per l’Italia. Da questo punto di vista il Recovery Plan costituisce un’occasione e uno strumento importante. Per la Toscana potrebbe valere 12 miliardi di euro da qui al 2026, due miliardi l’anno.
Il settore dell’industria meccanica è trainante per l’economia italiana. Quanto ha sofferto in Toscana?
La produzione industriale della Regione ha segnato nel 2020 una caduta del 14,7 per cento, superiore anche a quella di servizi e terziario dove però si sono persi più posti di lavoro. La meccanica, come già detto, è stata tra i settori più colpiti, legata chiaramente all’export e dunque penalizzata dal raffreddamento del commercio internazionale. Il perdurare della pandemia alimenta un clima di incertezza, soprattutto sul fronte della domanda, che non aiuta.
Si può fare un confronto tra gli obiettivi pre-pandemia e quelli attuali per la ripresa nel reparto dell’industria?
Dopo il Covid troppe cose sono cambiate ed è difficile, a volte quasi impossibile, fare raffronti. Alcune ricette sono però ancora valide, come quella di rafforzare e privilegiare gli investimenti. E dobbiamo farlo con rapidità, utilizzando per questo quote importanti delle risorse europee che avremo: non solo quelle del Recovery Plan ma anche quelle del prossimo settennato. Dobbiamo inoltre ripartire dalle imprese più dinamiche, quelle capaci negli anni di generare reddito ed occupazione. Ce n’era un nucleo apprezzabile, prima della pandemia. Dobbiamo innescare nuove esperienze positive.
Investimenti, innovazione e digitalizzazione sono le strade maestre per il rilancio in questo settore nello specifico?
Ovviamente sì. Senza innovazione e una spinta decisiva sul fronte della digitalizzazione non possiamo tornare ad essere competitivi. Completare gli investimenti per portare la banda ultra larga in ogni angolo della regione è essenziale per rendere la Toscana diffusamente appetibile e per attrarre investimenti dall’estero, che in questi anni sono cresciuti e ci sono stati anche durante la pandemia. Servono provvedimenti che aiutino le imprese a ritrovare spazio per i loro investimenti. Dobbiamo chiaramente difendere e aumentare l’occupazione. La crisi ha ridotto i redditi delle famiglie, sia pur in modo spesso asimmetrico. Ma vogliamo anche che questa occupazione sia stabile e sicura, vogliamo creare lavoro di qualità e non sottopagato.
Regione Toscana starà al fianco degli imprenditori del settore meccanico?
Presidieremo tutti i settori, compreso quello meccanico.
Lei ha fiducia nel premier Mario Draghi?
Si, grazie alle relazioni internazionali del presidente Draghi in un momento in cui l’Ue ha modificato radicalmente l’impostazione precedente legata all’austerità e addirittura oggi, grazie a Draghi si inizia a parlare di debito comune. La maggioranza molto larga dovrebbe garantire stabilità e prospettiva, ma è tutto da verificare perché le fibrillazioni in questa maggioranza eterogenea sono continue.
Può indicare tre aziende-modello della Toscana nell’ambito dell’industria meccanica?
In Toscana ci sono davvero tante aziende virtuose nel comparto dell’industria meccanica, ben radicate, anche di grandi dimensioni, che hanno rappresentato e rappresentano la “storia” dell’industria toscana. Ma sono presenti anche un numero significativo di Pmi, nate originariamente intorno ai distretti industriali o anche come sub fornitura di grandi imprese, qualificate e cresciute tecnologicamente verso mercati e applicazioni avanzate, come la meccatronica, la meccanica industriale, l’automazione o il packging, che si collocano lungo la catena del valore delle produzioni a livello europeo ed internazionale. Sono imprese con presenza talvolta diffusa sul territorio, e che rappresentano una innervatura importante del tessuto produttivo regionale.