Materie critiche, Assofermet: Puntare su diversificazione fonti e Raee

Si chiedono misure strutturali

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Il nostro Paese “deve diversificare quanto più possibile le fonti di approvvigionamento di materie prime critiche. È necessario diminuire progressivamente la dipendenza da alcuni Paesi da cui si è finora approvvigionata l’Italia e, allo stesso tempo, individuare nuovi Paesi fornitori, oltre a migliorare la capacità di monitoraggio al fine di attenuare i rischi attuali e futuri di nuove perturbazioni sui mercati in fase di approvvigionamento”. A chiederlo è Assofermet, (Associazione nazionale dei commercianti in ferro e acciaio, metalli non ferrosi, rottami ferrosi, ferramenta e affini) che lo scorso 5 settembre è stata audita in commissione Industria e Agricoltura del Senato in merito al tema dell’approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche.

Per l’associazione, nel proporre misure strutturali sull’approvvigionamento di queste risorse strategiche, “vanno tenuti in particolare considerazione i Raee”, cioè i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, che rappresentano una vera e propria “miniera urbana” per il nostro Paese: “al loro interno – spiega Assofermet – si trovano importanti materie prime critiche e, se correttamente raccolti e recuperati, questi rifiuti possono diventare una fonte strategica di approvvigionamento. Tra l’altro, per sei delle undici materie prime critiche maggiormente presenti nei Raee cosiddetti tecnologici (litio, cobalto, gallio, indio, germanio, tantalio, rutenio, disprosio, neodimio, terbio, rame), la Cina è il principale produttore mondiale, con una quota che arriva fino al 97%”.

Considerando i dispositivi domestici e aziendali, ad oggi in Italia soltanto il 37% dei Raee viene effettivamente raccolto, ampiamente al di sotto dell’obiettivo del 65% fissato dall’Unione Europea. Assofermet ritiene che “il sistema di raccolta vigente debba essere analizzato e riveduto con attenzione per rendere più efficace e sostenibile la gestione dei Raee”. A questo si aggiunge la carenza strutturale, tipica dell’Italia ma anche del resto dell’Unione Europea, di impianti industriali in grado di estrarre materie prime critiche dai singoli componenti dei rifiuti. “Investire maggiormente sulla realizzazione di queste strutture e sulla raccolta e recupero di Raee – dice l’associazione – significherebbe arrivare ad avere a disposizione un’ulteriore fonte di materie prime critiche. Si tratta di una direzione strategica che, oltre a ridurre la dipendenza dall’importazione di risorse fondamentali, segnerebbe il passaggio a una vera e propria economia circolare e porterebbe a un decisivo incremento dell’occupazione”.

Per quanto riguarda, invece, il cosiddetto Piano Minerario annunciato dal ministro Adolfo Urso, Assofermet è “sostanzialmente d’accordo con l’iniziativa strategica di aprire nuove miniere per il rifornimento di terre rare e materie prime, ma vanno considerati alcuni elementi di rischio”. In primo luogo, la riapertura di qualsiasi miniera “dovrà tenere conto delle importanti difficoltà attualmente esistenti: non solo i fattori geologici, i costi del capitale e i rischi correlati, ma anche la lunghezza e l’incertezza delle procedure di autorizzazione, la difficile ricerca di manodopera specializzata e molti altri aspetti organizzativi che potrebbero costituire un deterrente”.

Secondo Assofermet, inoltre, “andrebbe promossa una mappatura dei siti minerari disponibili per individuare esclusivamente le opportunità concrete di costituire una filiera di imprese che si impegnino nelle attività di estrazione, lavorazione e trasformazione, senza inutili sprechi di energie e risorse”. In ogni caso, il tempo che intercorre tra l’avvio di un progetto e la reale disponibilità dei materiali estratti sul mercato può essere molto lungo: per il breve periodo, spiega l’associazione, “sarebbe particolarmente rischioso basarsi esclusivamente sulla riapertura delle miniere per affrontare l’emergenza dell’approvvigionamento di materie prime critiche”.