La Corte di Cassazione torna ad affrontare la questione della responsabilità degli amministratori senza delega nei reati fallimentari. Con la sentenza n. 7384/2023 viene ribadito l’orientamento interpretativo secondo cui in capo all’amministratore privo di delega il concorso nel reato di bancarotta può configurarsi soltanto a fronte della conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società oppure dell’inerzia mostrata dinanzi a ‘segnali di allarme’, tali da poter desumere l’evento pregiudizievole o almeno il rischio che un siffatto evento si verificasse.
“Il caso in oggetto si riferisce a un procedimento per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, del quale sono stati chiamati a rispondere, in concorso – spiega Nunzio Monteverde, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – l’AD della Società fallita e il Presidente del C.d.A. con potere di firma”.
I Massimi giudici hanno osservato che l’assenza di delega avrebbe imposto una riflessione specifica circa il coinvolgimento psichico del ricorrente nelle condotte distrattive, tanto più alla luce della mancanza di evidenze di una sua partecipazione a ognuna di esse.
“La giurisprudenza di legittimità sostiene infatti che per l’amministratore privo di delega – prosegue Monteverde – si può discutere di dolo, se egli sia venuto concretamente a conoscenza di dati da cui era possibile desumere un evento pregiudizievole per la società e abbia omesso volontariamente di attivarsi per scongiurarlo”.
Diversamente opinando non si potrebbe discutere di “dolo”, neppure nella forma del “dolo eventuale”.