
All’Assemblea di Confindustria, considerato dal mondo economico e politico un palcoscenico di altissimo profilo per definire le linee politico-economiche del Paese, il presidente Carlo Bonomi ha voluto cominciare non da un’analisi o da un fatto ma da una persona. “E’ uno degli uomini della necessità”, l’istantanea scattata a Mario Draghi, il presidente del Consiglio, seduto in prima fila. Citazione che ha scatenato la standing ovation di un minuto: tutti in piedi a battere le mani all’uomo al quale è stato affidato il compito gravoso e delicato di rilanciare l’Italia del post-pandemia, di mettere d’accordo i partiti, di essere il nostro lasciapassare per i benefit dell’Europa. “Continui a lungo nella sua attuale esperienza – ha aggiunto Bonomi – senza che i partiti attentino alla coesione del governo pensando alle prossime amministrative con veti e manovre in vista della scelta da fare per il Quirinale”.
Ha cominciato dal premier, Bonomi, ma presto è passato ad altro perché – è facilmente comprensibile – in questo particolare frangente storico i temi caldi da affrontare (e risolvere) sono tanti e cogenti: “Bisogna fare le riforme adesso. Basta rinvii, basta giochetti, basta veti. Davvero basta”. Il grido disperato ed esasperato del numero uno di viale dell’Astronomia non può non rimbombare nelle sale dei palazzi romani: “Confindustria si opporrà a tutti coloro che vorranno intralciare il processo delle riforme”, il monito lanciato a destra e sinistra, indistintamente.
Così è partita proprio da Bonomi e dal palco confindustriale l’idea di un ‘Patto per l’Italia’: “Facciamolo noi”, ha detto rivolgendosi direttamente a Cgil, Cisl e Uil, cioè ai segretari Landini, Sbarra e Bombardieri: “Luigi, Maurizio, Pierpaolo noi non siamo partiti in lotta, noi abbiamo un grande compito comune. Di fronte ai ritardi e alle sempre più gravi fratture sociali della nostra Italia, lavoro e impresa hanno una grande sfida di costruire insieme accordi e indicare strade e strumenti che la politica stenta a vedere”. Passando dalla teoria alla pratica, per Bonomi sono tre le problematiche sulle quali è indispensabile concentrarsi: sicurezza del lavoro, politiche attive e smart working.
Lanciato l’appello ai sindacati, Bonomi ha affrontato di petto il problema del fisco. Un nervo scoperto per gli industriali: “Continuiamo a leggere che il Governo avrebbe a disposizione solo 3 miliardi, per la riforma tributaria. A noi il deficit e il debito pubblico illimitato non sono mai piaciuti. Però su questo bisogna avere le idee chiare”. Le imprese hanno bisogno di essere sostenute e di non dover fare i conti con Quota 100, definita “un furto ai danni dei soggetti fragili del nostro welfare squilibrato. E può davvero bastare così”.
E’ calato un silenzio gravido di attese quando è salito sul palco Draghi e ha preso la parola. Il premier ha messo insieme parole e concetti molto diretti: “La sfida per il governo e per tutto il sistema produttivo e le parti sociali è fare in modo che questa ripresa sia duratura e sostenibile”, con una “crescita intorno al 6% per l’anno”. La frase successiva è stata una boccata d’ossigeno per Bonomi, gli industriali e gli italiani: “Il governo da parte sua non ha intenzione di aumentare le tasse. In questo momento i soldi si danno e non si prendono”. La chiosa? In linea con il resto del suo intervento: “Le parole di Bonomi suggeriscono che si possa iniziare a pensare a un patto economico, produttivo, sociale del Paese ci sono tantissime cose di cui discutiamo continuamente che possono essere materia di questo patto. La definisco una prospettiva economica condivisa. Bisogna mettersi seduti tutti insieme”.
Photo credits: @Confindustria