In tema di diritto di anonimato delle parti in seno alla riproduzione di provvedimenti giudiziari, sono interessanti i punti 12 e 13 dell’ordinanza n.25173 emessa dalla Corte di Cassazione.
“I Supremi Giudici, rigettando la richiesta della società ricorrente – spiega Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – hanno ricordato che, in base alle modifiche dell’art. 40 Dl n. 201/2011 che ha eliminato il riferimento anche alla persona giuridica, come previsto dal comma 1 dell’art.52 del D.Lgs 196/2003 è legittimato a presentare l’istanza di anonimizzazione solamente la persona fisica, la quale può proporla in presenza di motivi legittimi”.
Fondamentale però è l’esatta identificazione delle ragioni e degli oggetti che possono far scattare tale diritto.
Per definire il perimetro applicativo, nella sentenza vengono richiamati due pronunciamenti della Suprema Corte (Sent. 47126/2021 e Sent. 22561/2021).
“La prima sentenza stabilisce che per accogliere la richiesta è necessario un equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza. Tale bilanciamento – prosegue Accolla – si fonda sulle linee guida dettate dal Garante della privacy, in cui si indicano come possibili motivi legittimi, i dati sensibili, ovvero, ad esempio, i dati idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica. La seconda sentenza, ha escluso dal perimetro dell’anonimizzazione la materia tributaria, poiché in linea generale una contesa tributaria fondata sulla diversa interpretazione che il contribuente e l’erario offrono di una norma di legge, non contiene alcun dato sensibile”.