Gli illeciti fiscali commessi dalla società alcuni anni prima della dichiarazione di fallimento non precludono al socio illimitatamente responsabile, dichiarato fallito in estensione, di accedere al beneficio dell’esdibitazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n.15694/2023.
“La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso straordinario proposto dal fallito per la Cassazione del decreto del Giudice del reclamo – sottolinea Michela Benna, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – ha evidenziato che i rilievi mossi dalla Corte anconetana sotto il profilo della meritevolezza sono errati perché esulano dalle ipotesi tassativamente indicate nei numeri da 1 a 6 dell’articolo 142, comma 1 della Legge Fallimentare”.
“In particolare, gli Ermellini hanno spiegato che il riferimento agli illeciti fiscali posti in essere dalla società, da nove a sette anni prima della dichiarazione di fallimento – prosegue Benna – esula dal perimetro dell’articolo 142, comma 1 della legge fallimentare tracciato nei numeri 5 e 6, senza contare che non sono stati allegati ulteriori elementi da parte del Curatore o del comitato dei creditori con riguardo ad eventuali condotte di mancata cooperazione con gli organi della procedura, ritardo nel suo svolgimento, violazione dell’obbligo di consegna al curatore della corrispondenza relativa ai rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, beneficio di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la domanda. Pertanto, i Massimi giudici hanno annullato il decreto impugnato e disposto il rinvio della causa alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione”.