Il principio di inerenza dei costi deducibili

La Cassazione si è espressa sulla questione del riparto dell’onere probatorio tra fisco e contribuente

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Il principio di inerenza dei costi deducibili, esprimendo una correlazione in concreto tra costi e attività d’impresa, si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da valutazioni di natura qualitativa.

È uno dei principi espressi dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n.33568/2022 con cui si è espressa sulla questione del riparto dell’onere probatorio tra fisco e contribuente nel caso in cui venga contestata l’inerenza all’attività d’impresa dei costi dedotti.

“Secondo la Suprema Corte, l’antieconomicità di un costo, intesa come sproporzione fra la spesa e l’utilità che ne deriva, avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa – sottolinea Nunzio Monteverde, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili –  può fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza”.

“In quest’ultimo caso ove il contribuente indichi i fatti che consentano di ricondurre il costo all’attività d’impresa, l’amministrazione è tenuta a dimostrare, anche con ricorso ad indizi, gli ulteriori elementi addotti in senso contrario, in particolare – conclude Monteverde – evidenziando l’inattendibilità della condotta del contribuente”.

Con la sentenza in oggetto, i Supremi giudici hanno accolto il ricorso proposto dalla Difesa erariale contro la sentenza della CTR Campania che ha dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento (oggetto del giudizio) con il quale è stato recuperato a tassazione l’importo corrispondente a costi ritenuti non deducibili, con conseguente determinazione di un maggior reddito d’impresa per l’anno d’imposta 2012.