Jobs Act, la Cassazione anticipa il referendum

Disposto il reintegro di una lavoratrice licenziata alla quale si applicava la misura

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I prossimi 8 e 9 giugno i cittadini sono chiamati alle urne per votare cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza, promossi da sindacati e associazioni.
Per la Corte Costituzionale sono risultati ammissibili i quattro quesiti referendari sul lavoro.
Il primo di questi chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. In questo contesto s’inserisce anche l’ordinanza n.6221/2025 della Corte di Cassazione che sembra offrire una risposta indiretta alla questione.

“Nel caso in esame, i Supremi Giudici hanno ribaltato la sentenza della Corte d’Appello disponendo la reintegrazione di una lavoratrice licenziata a cui si applicava il Jobs Act, in luogo della sola indennità precedentemente riconosciuta. Il licenziamento – spiega Michela Benna, consigliera d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – era stato giustificato con una presunta riorganizzazione aziendale finalizzata a ottenere maggiore efficienza ed economicità, ma senza che il datore di lavoro fornisse prove concrete a supporto. La sentenza della Cassazione – prosegue Benna – ha recepito la recente pronuncia n.128/2024 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. n. 23/2015, nella parte in cui non prevedeva la reintegrazione del lavoratore in caso di insussistenza del fatto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo”.

Questa pronuncia conferma la tendenza giurisprudenziale a ridimensionare l’ambito della tutela indennitaria, intraprendendo un percorso di revisione delle norme in senso più garantista.