La tassazione dei proventi illeciti

Cosa ha stabilito la Corte di Cassazione

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In tema di ripresa e tassazione Irpef di debiti derivanti da attività illecite, è di particolare interesse l’ordinanza n.307/2025 con cui la Corte di Cassazione ha chiarito che l’individuazione del periodo d’imposta in cui imputare tali redditi deve avvenire riferita al momento in cui il contribuente ne acquisisce la disponibilità, identificando in tale circostanza la realizzazione del presupposto impositivo ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).

“Ai fini fiscali, come ribadiscono i Supremi Giudici, il termine ‘possesso’ utilizzato dall’articolo 1 del TUIR implica il riferimento alla titolarità e alla disponibilità effettiva dei redditi da parte del contribuente. Nel caso esaminato – evidenzia Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – i redditi illeciti erano divenuti disponibili solo nel 2006, anno in cui furono materialmente trasferiti sui conti correnti del ricorrente”.

Gli Ermellini hanno poi ribadito che, ai fini dell’imposizione fiscale, non rileva il momento di commissione del reato – in questo caso i singoli episodi corruttivi avvenuti tra il 2004 e il 2005 – ma il momento in cui i proventi entrano nella sfera di disponibilità del soggetto.

“Confermando la decisione della CTR del Vento, la Suprema Corte – conclude Accolla – ha anche ricordato che la natura del delitto di corruzione si perfezione alternativamente con l’accettazione della promessa o con la dazione dell’utilità e che, quando alla promessa segue la dazione, il reato si consuma con quest’ultima, che costituisce un aggravamento dell’offesa tipica”.