L’ordinanza n.29135/2024 della Corte di Cassazione ha ribadito l’illegittimità dell’utilizzo dei permessi sindacali per finalità esclusivamente personali o familiari, confermando la centralità del vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, nonché l’obbligo del corretto utilizzo dei permessi retribuiti concessi ai dirigenti sindacali.
Il caso riguarda un dirigente sindacale provinciale che aveva utilizzato due giorni di permesso sindacale per accompagnare il figlio alle prove di selezione per l’arruolamento nelle Forze Armate, senza svolgere alcuna attività sindacale.
“La Suprema Corte, respingendo il ricorso promosso dal dirigente sindacale ha precisato che nonostante il permesso sindacale abbia natura di diritto potestativo – sottolinea Felice Colonna, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – il datore di lavoro ha diritto di verificare l’effettiva partecipazione dei sindacalisti alle attività sindacali previste”.
Tale principio era già stato stabilito dalla sentenza della Cassazione n. 11759/2003 e che la sentenza n.6495/2021 citata dal ricorrente è irrilevante, in quanto in quel caso il lavoratore aveva svolto attività comunque riconducibili al mandato sindacale, seppur al di fuori dello schema tradizionale delle riunioni.
“Nel caso in esame – prosegue Colonna – era stato accertato che il permesso è stato utilizzato esclusivamente per fini personali e familiari, del tutto estranei al ruolo sindacale. L’utilizzo improprio dei permessi sindacali retribuiti rappresenta una violazione grave, poiché mette in discussione la fiducia reciproca tra datore e lavoratore”.