Il governo si appresta a rivedere gli incentivi per le pompe di calore, una tecnologia cruciale non solo per la decarbonizzazione degli edifici e dell’industria, ma per il processo di reindustrializzazione del Paese. Infatti, la produzione di pompe di calore è uno dei pochi settori delle tecnologie pulite in cui l’Europa è attualmente leader a livello mondiale, con il 73% della domanda coperta dalla produzione domestica. L’Italia è tra i principali produttori dell’Ue.
Negli ultimi due anni, tuttavia, il settore ha registrato un crollo delle vendite. A livello europeo, nel primo semestre del 2024 sono state vendute il 47% in meno di pompe di calore rispetto all’anno precedente. Ciò è dovuto principalmente all’evoluzione dei regimi di sostegno ai consumatori e ai bassi prezzi del gas. Tra il 2022 e il 2023, l’Italia ha registrato la contrazione più severa (-298,390 unità), principalmente a causa della fine del Superbonus. Secondo il trend attuale, nel 2030 l’Ue rischia di installare 15 milioni di pompe di calore in meno rispetto al target (60 milioni), che in tonnellate di CO2 all’anno equivarrebbe alle emissioni dell’ intera Danimarca, circa 45 milioni.
Un nuovo report del think tank Reform ha analizzato gli schemi di incentivi alle pompe di calore di 10 Paesi europei per capire le ragioni del crollo e cosa si potrebbe fare per rilanciare il settore, Paese per Paese. Secondo lo studio, in Italia servono incentivi più accessibili, coperture per gli alti costi iniziali e tempi più brevi.
Antonio Bongiorno, General Manager Sales, Marketing & Presales di Daikin Italia, fotografa la situazione in merito al ruolo delle pompe di calore in Italia e agli incentivi che il governo si appresta a rivedere: “L’auspicio di Daikin Italia – afferma – è che il nuovo schema di incentivi per le pompe di calore sia più efficace, equo e accessibile anche per le fasce meno abbienti della popolazione, proprio come previsto dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima. Non si tratta solo di promuovere la tecnologia più rispettosa dell’ambiente, ma di salvaguardare uno dei pochi comparti industriali della transizione energetica dove l’Europa (con il 73% della domanda coperta dalla produzione domestica) può ancora essere più competitiva di Cina e Stati Uniti e dove ci sono ampie prospettive di crescita. In Europa, l’Italia è un polo d’eccellenza da oltre 3 miliardi di fatturato e leader insieme alla Germania per capacità produttiva, ma negli ultimi due anni le vendite nel nostro Paese hanno registrato un brusco rallentamento a causa della fine del Superbonus e di politiche sulle tariffe elettriche e gas penalizzanti. Servono incentivi più efficaci per rilanciare una tecnologia che può far guadagnare all’Italia autonomia energetica, può stabilizzare e ridurre i prezzi per le famiglie e le imprese e può ridurre l’inquinamento urbano, causa di 80mila morti premature solo lo scorso anno”, conclude Antonio Bongiorno.
Obiettivi a rischio. Il crollo delle vendite potrebbe concretizzare, per l’Ue, nel mancato obiettivo di 60 milioni di pompe di calore al 2030 di ben 15 milioni di pompe di calore. “La posta in gioco è evitare l’emissione di circa 45 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Ciò equivale alle emissioni della Danimarca o di tre compagnie aeree delle dimensioni di Ryanair. Ciò significa che un decimo dei tagli alle emissioni ancora necessari per raggiungere l’obiettivo del 55% fissato per il 2030 non si realizzerà”, afferma Aleksander Śniegocki, direttore generale del Reform Institute e coautore della classifica.
Nessun modello da seguire. Tra i 10 Paesi presi in esame, nessuno è risultato avere politiche “solide” in materia di pompe di calore. La Francia guida la classifica con appena il 69%, ma il suo mercato delle pompe di calore è stagnante dal 2023. La Repubblica Ceca segue al secondo posto con il 65%, mentre Polonia e Germania sono a pari merito al terzo posto (ex aequo), con il 61%. La schiera dei Paesi che seguono, tra cui Regno Unito, Italia, Paesi Bassi, Svezia e Spagna, ha problemi di politiche insufficienti o inadeguate, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia della liquidità e la garanzia del controllo di qualità. Questi problemi sono aggravati dalla mancanza di politiche adeguate alle esigenze specifiche e alla maturità di ciascun mercato.
Ad esempio, nel mercato emergente delle pompe di calore del Regno Unito, regole semplici e sussidi generosi hanno favorito la crescita, ma i risparmi operativi e il controllo della qualità restano una sfida. Nel frattempo, la Svezia, con oltre il 90% di saturazione del mercato delle pompe di calore, ha difficoltà a eliminare le restanti 50.000 caldaie a gasolio a causa della mancanza di un sostegno mirato. La Romania occupa il posto più basso, con il 21%, e riflette il quadro politico più debole, nonostante abbia un potenziale simile a quello di Paesi come la Polonia e la Repubblica Ceca.
Gli errori politici identificati sono sorprendentemente simili tra i Paesi esaminati. Si tratta di: lunghi ritardi nel pagamento dei sussidi alle famiglie; prezzi elevati dell’elettricità rispetto al gas; scarsa attenzione alle famiglie vulnerabili; mancanza di prestiti per pagare i costi non coperti dai sussidi; complicate procedure di richiesta dei sussidi, i quali non sono legati al reddito familiare per cui le famiglie a basso reddito non vengono raggiunte; infine, la mancanza di certificazione delle pompe di calore, con il rischio che si diffonda la commercializzazione di quelle di bassa qualità. “Se non si correggono gli errori politici critici, si rischia di aggravare le disuguaglianze e l’insoddisfazione sociale. Dobbiamo garantire che le pompe di calore vadano a beneficio di tutte le famiglie, altrimenti peggioreremo la povertà energetica e lasceremo indietro coloro che hanno più bisogno di aiuto”, afferma Śniegocki.
Mantenere la leadership del mercato globale europeo. “La produzione di pompe di calore è uno dei pochi settori delle tecnologie pulite in cui l’Europa è attualmente leader a livello mondiale, con il 73% della domanda coperta dalla produzione nazionale e investimenti aggiuntivi che la mettono sulla strada dell’autosufficienza. Tuttavia, le carenze politiche prolungheranno l’esposizione dell’Europa al rischio di volatilità dei prezzi del gas e mineranno gravemente la nostra competitività”, afferma Maria Niewitała-Rej, analista del Reform Institute e coautrice della classifica.
A livello europeo, l’Istituto sottolinea la necessità di adottare il Piano d’azione per le pompe di calore per stimolare le politiche nazionali, riportare l’obiettivo di 60 milioni di pompe di calore a portata di mano e realizzare gli obiettivi della nuova Commissione europea di ridurre i prezzi dell’energia.