Saccone: Innovare per competere con i giganti

Per il Cd di Olimpia Splendid la tecnologia è la vera arma delle Pmi

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“Innovazione” è una parola di cui molti oggi si fanno portavoce, ma che solo poche realtà economiche sanno tradurre concretamente in modelli di business di successo. Nel mondo della climatizzazione residenziale, Olimpia Splendid ne è un esempio lampante. L’azienda bresciana, che ha sede a Cellatica, può permettersi di competere coi colossi mondiali del comparto proprio grazie alla sua costante proiezione verso tecnologia, sostenibilità e futuro. Valori, questi, che le hanno permesso di trasformarsi da realtà familiare a player internazionale attivo non solo in Europa, ma anche in America, Asia e Oceania. Ne abbiamo parlato con Marco Saccone, consigliere delegato e figlio dello storico presidente Roberto.

Come nasce il vostro modello d’impresa?
L’azienda è stata fondata nel 1956 dalla famiglia reggiana dei Marchesi. La loro specializzazione però, era tutt’altra rispetto alla nostra, considerato che si sono occupati di cucine economiche fino agli anni Ottanta. Proprio alla fine del decennio sono arrivati i primi due brevetti per l’aria condizionata, e con loro anche mio padre: Roberto Saccone, intento ad investire in questo mercato tanto che, per trovare una realtà con cui collaborare, si mise a sfogliare gli indici delle riviste di settore.

Una storia che è andata di pari passo con quella della climatizzazione, dunque.
Esattamente. Anche perché mio padre ha rilevato la maggioranza dell’azienda negli anni Novanta, quella del boom della climatizzazione in Italia. Da quel momento in avanti, investimenti e know how sono sempre stati utilizzati per innovare e migliorare i prodotti. Abbiamo puntato subito sul design, collaborando con il prestigioso studio King & Miranda e, allo stesso tempo, ci siamo specializzati su due canali: retail e professional. L’innovazione è stata successivamente messa anche a servizio del comfort con Unico, il condizionatore brevettato senza unità esterna, che sta riscontrando ampio successo nel contesto italiano.

Quando avete iniziato a guardare anche all’estero?
Fino al 2003 il nostro export era marginale, poi il mondo dell’impiantistica ha iniziato a richiedere tecnologie più complesse legate al mondo dell’idronica: nuovi brevetti, opportunità e la difficile crisi del 2008 ci hanno messi di fronte alla necessità di reinventarci. Ne siamo usciti come un’azienda internazionale mettendo radici anche all’estero: dal 2009 abbiamo una filiale in Spagna e dal 2011 in Francia. Il 2017 è stata la volta del Brasile mentre negli ultimi anni siamo arrivati in Usa, Australia e Nuova Zelanda. La progettazione, l’ingegnerizzazione e la qualifica dei nostri prodotti avviene nei nostri laboratori italiani. All’interno del nostro stabilimento di Brescia produciamo infatti le macchine ad alto lavoro aggiunto, mentre all’estero produciamo le tecnologie più semplici. Questo mix di innovazione e proiezione internazionale ci ha permesso di raddoppiare in sei anni.

Se dovesse elencare i tre pilastri del vostro business?
Direi innovazione, sostenibilità e servizio, ma anche il nostro personale è un valore aggiunto fondamentale. Inoltre, la differenziazione dei prodotti ci permette di competere in un mercato fatto di giganti. Da sempre, poi, la sostenibilità è una priorità per l’azienda: il 40% dell’energia utilizzata nel nostro stabilimento è autoprodotta, creiamo prodotti a basso impatto ambientale ed utilizziamo i gas con il minor potenziale effetto serra. Con un occhio di riguardo per il cliente, infine, ad ogni prodotto affianchiamo un servizio: puntiamo su garanzie efficaci, durability di prodotto e assistenza tecnica capillare.

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Parlava del personale. Quali sono le figure del momento?
Continuiamo a crescere e la figura di innovation manager risulta sempre più importante. Lavorando con le energie rinnovabili e le pompe di calore, la missione di ridurre consumi ed emissioni è diventata anche nostra. Abbiamo ingegneri anche molto giovani nel nostro team e quello che mi piace di loro è la voglia di cambiare le cose, oltre alla curiosità.

Oltre a quella dei giovani, anche la questione di genere è spesso oggetto di dibattito. Come la affrontate?
In azienda la componente femminile conta il 35-40% dei dipendenti. La presenza delle donne anche nei settori tecnici è sempre più alta, oltre ad ambiti come marketing e relazioni coi clienti, dove sono già da anni in netta maggioranza. Questo dato varia molto nel mondo, nella filiale australiana, ad esempio, la componente femminile è maggioritaria.

Cosa dovrebbe fare il governo per rilanciare il settore dell’industria meccanica?
Chiaramente io parlo del mio settore. Credo che gli incentivi statali, specie quelli per l’edilizia, siano un volano incredibile e senza precedenti per rinnovare ed efficientare il parco edile italiano. Sappiamo infatti quanto è importante l’edilizia sostenibile per raggiungere i target di decarbonizzazione che ci arrivano dall’Unione Europea. Quello che manca, forse, è una visione d’insieme. I bonus e gli strumenti offerti sono tanti, complessi e spesso si sovrappongono rallentando tutto. Inoltre, l’orizzonte temporale è troppo ristretto, questo provoca tensione sulla filiera delle nostre medio-piccole imprese, continuando a navigare a vista. Quello che serve è ragionare nel medio-lungo periodo.

Come vede la sua azienda di qui a cinque anni?
In prospettiva vedo sviluppi molto interessanti in ambito energetico, i prossimi saranno anni di grande crescita e trasformazione. Ritengo che abbiamo le capacità per crescere ulteriormente sul mercato, continuando a fare quello che ci viene meglio: creare valore sostenibile.