L’accordo più atteso, sicuramente di tutta la legislazione in ambito digitale e tecnologico dell’Unione Europea. Perché, come affermato dalla vicepresidente della Commissione Ue per il Digitale, Margrethe Vestager, “abbiamo bisogno di chip per alimentare le transizioni digitale e verde”. Dopo 59 giorni di negoziati è stata raggiunta l’intesa tra il Parlamento e il Consiglio dell’Ue sull’European Chips Act, la legislazione comunitaria che affronterà la carenza di semiconduttori sul territorio dell’Unione. L’accordo è provvisorio – manca il passaggio di approvazione da parte di entrambi i co-legislatori – ma è già considerato la dimostrazione che “l’Europa sta prendendo in mano il proprio destino”, ha alzato la posta in gioco il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton.
I triloghi sull’European Chips Act erano iniziati il 28 febbraio, a poco più di un anno dalla presentazione della proposta della Commissione. Al centro della legislazione ci sono i chip, piccoli dispositivi composti da semiconduttori (materiali in grado di consentire o bloccare il passaggio di elettricità), che possono memorizzare grandi quantità di informazioni. Si tratta di componenti essenziali per un’ampia gamma di prodotti: carte di credito, automobili, smartphone, sistemi di intelligenza artificiale. La crisi dei semiconduttori che ha colpito lo scorso anno il continente ha dimostrato il rapporto sbilanciato tra l’importanza dei semiconduttori per l’industria europea e il bisogno quasi vitale di importare microchip dall’estero, in particolare dall’Asia. Ecco perché l’European Chips Act mira a rafforzare la base industriale europea: l’obiettivo è raddoppiare la quota di mercato globale dell’Ue nel settore dei semiconduttori entro il 2030, dal 10% ad almeno il 20%. Che, in altre parole, equivale a quadruplicare la produzione, dal momento in cui il settore è destinato a raddoppiare esso stesso nel prossimo decennio.
Sul piano dell’architettura finanziaria saranno mobilitati 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati, di cui 3,3 miliardi dal bilancio dell’Ue, concentrandosi su tre pilastri fondamentali. Il primo è Chips for Europe, l’iniziativa che metterà in comune le risorse dell’Unione, degli Stati membri, del settore privato e dei Paesi terzi associati ai programmi esistenti Ue per sostenere lo sviluppo di capacità tecnologiche e le relative attività di ricerca e innovazione. Su questo punto sarà creato un nuovo obiettivo per i semiconduttori nell’ambito del Programma Europa Digitale (da 3,3 miliardi di euro, appunto) e il coordinamento arriverà dal partenariato pubblico-privato Chips Joint Undertaking, che sarà responsabile della selezione dei centri di eccellenza.
Il secondo pilastro è il nuovo quadro per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la resilienza, attirando maggiori investimenti. Il compromesso finale amplia il campo di applicazione dei cosiddetti impianti ‘primi nel loro genere’ – includendo quelli che producono apparecchiature utilizzate nella produzione di semiconduttori – che possono beneficiare di procedure accelerate per la concessione dei permessi. I centri di progettazione che migliorano “in modo significativo” le capacità dell’Unione nella progettazione di chip innovativi possono ricevere il marchio europeo di centro di progettazione di eccellenza, con misure di sostegno dai Paesi membri.
Il terzo pilastro è il meccanismo per monitorare la catena di fornitura dei semiconduttori e coordinare le azioni in situazioni di crisi, attraverso cui gli indicatori di allerta precoce negli Stati membri saranno utilizzati per attivare un allarme di carenza a livello europeo. La Commissione potrà così attuare misure di emergenza, come dare priorità alla fornitura di prodotti particolarmente colpiti da una carenza o effettuare acquisti comuni per gli Stati membri.