Produzione industriale ancora giù. Governo e Ue: “Serve piano europeo”

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha incontrato il Commissario europeo Thierry Breton

urso

ottobre la produzione industriale in Italia è calata dell’1% rispetto a settembre e dell’1,6% nei confronti di ottobre 2021. Si tratta del “secondo mese consecutivo che registra una flessione congiunturale”, fa sapere l’Istat.

Nel dettaglio cala del 3% la produzione dei beni di consumo con un evidente -3,5% dei non durevoli, ovvero lavorazione e conservazione di prodotti alimentari e bevande, alcune industrie tessili e la fabbricazione di prodotti farmaceutici. L’unico segno positivo, seppur decimale, è quello dei beni strumentali (+0,2%), riferito a fabbricazione di macchine e motori, di strumenti e apparecchi di misurazione e controllo, di autoveicoli.

“Dopo il commercio anche l’industria italiana inizia a risentire degli effetti della crisi in atto nel nostro paese – spiega il presidente del Codacons, Carlo Rienzi L’inflazione alle stelle e l’emergenza energia, dopo aver colpito la fiducia di consumatori e imprese e le vendite al dettaglio, fanno sentire il loro peso anche sulla produzione industriale, rallentando per il secondo mese consecutivo il comparto”. Si tratta del risultato – sottolinea Coldiretti – delle difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari mettono meno prodotti nel carrello ma è anche il segnale dei problemi della filiera produttiva alle prese con l’esplosione dei costi dell’energia e delle materie prime.

In realtà la doppia contrazione registrata da Istat non è proprio un fulmine a ciel sereno. Secondo gli ultimi dati PMI – l’indice prodotto dalla S&P Global in base alle risposte date ai questionari mensili dai responsabili acquisti di circa 400 aziende manifatturiere italiane – a novembre il settore manifatturiero italiano ha continuato a contrarsi. Le condizioni operative hanno registrato l’ennesimo peggioramento a causa del forte calo della produzione e dei nuovi ordini, che pare sia dovuto in parte alle pressioni inflazionistiche. Il tasso di inflazione dei prezzi di vendita è rimasto elevato anche se è apparso evidente un notevole rallentamento del tasso di crescita dei costi di acquisto che ha fornito qualche tregua ai manifatturieri. L’indice destagionalizzato S&P Global PMI (Purchasing Managers’ Index) del settore manifatturiero italiano di novembre ha registrato il valore di 48,4 (sotto 50 significa contrazione, sopra 50 vuol dire espansione), segnalando il quinto deterioramento dello stato di salute del settore manifatturiero. Non è però tutto da buttare. Il dato manifatturiero di novembre è in salita da 46,5 di ottobre e il tasso di declino risulta più lento. Soprattutto l’indicatore italiano è il secondo migliore in Europa, ai massimi appunto da quattro mesi. Prima è l’Irlanda con 48,7, poi appunto l’Italia a parimerito con la Grecia, seguono Francia (48,3), Austria (46,6), Germania (46,2), Paesi Bassi (46) e Spagna (45,7).

Il tema è che, vista la crisi energetica e delle materie prime, serve sempre più una risposta europea, come chiede pure Business Europe, associazione che rappresenta le Confindustrie del Vecchio Continente. In questo senso oggi il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha incontrato il Commissario europeo al mercato interno e i servizi, Thierry Breton. I due hanno concordato sull’esigenza che l’Unione europea si doti di una forte politica industriale che sappia rispondere alla sfida sistemica della Cina e a quella degli Stati Uniti. Più in particolare Urso e Breton hanno convenuto sulla necessità che il Consiglio europeo di giovedì prossimo dia pieno mandato alla Commissione Ue di preparare una proposta sulla futura politica industriale entro la fine dell’anno.