In materia di chiusura della Partita Iva a seguito dell’estinzione dell’attività, sono numerosi i documenti di prassi messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, in cui vengono affrontati diversi casi particolari.
“Nella risposta ad interpello n.218/2022, in presenza di crediti professionali ancora da incassare – spiega Fedele Santomauro, vicepresidente dell’Istituto nazionale esperti contabili – l’Agenzia ha spiegato che il lavoratore autonomo può attendere di ottenere quanto gli è dovuto e, solo dopo, chiudere la posizione IVA. Emettendo la fattura e dichiarando i redditi nell’anno d’imposta in cui hanno luogo i vari pagamenti oppure chiudere la partita IVA prima dell’incasso dei crediti, emettendo però anticipatamente la fattura, ed assolvendo di conseguenza la relativa IVA”.
In caso di mancata fatturazione anticipata dei compensi non ancora incassati, l’Agenzia riterrà impropria la chiusura della partita IVA.
Nell’eventualità di decesso del professionista, prendiamo il caso illustrato nella risposta ad interpello n. 785/2021, che vede, a distanza di un anno dalla chiusura dell’attività del de cuius da parte degli eredi, l’emersione di alcune posizioni creditorie aperte.
“Per l’Agenzia, visto che il de cuius non aveva fatturato alcune prestazioni, in quanto non incassate, l’obbligo si doveva intendere trasferito agli eredi. Questi ultimi avrebbero infatti dovuto fatturare le prestazioni eseguite dal professionista deceduto, chiedendo prima la riapertura della Partita Iva e solo successivamente – conclude Santomauro – , documentare le prestazioni effettuate in vita per le quali era stato ricevuto il pagamento dopo la morte”.