
Il visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi per rendere possibile la compensazione tra crediti e debiti fiscali in misura superiore a 5.000 euro apposto da un professionista non abilitato, non invalida la compensazione in quanto si configura una violazione formale.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia di primo grado di Bari nelle sentenze n.1132/8/2024 e n.1442/5/2024, chiarendo che non essendoci danno al controllo fiscale né alle entrate erariali, l’operazione di compensazione può considerarsi valida, a patto che il credito fiscale sia reale.
“Il contenzioso giudicato riguardava un contribuente al quale l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un atto di recupero di crediti IVA, a seguito di una compensazione ritenuta indebita. Dal momento che il professionista non era iscritto nell’elenco dei soggetti abilitati – spiega Gianluca Buselli, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – le Entrate avevano applicato una sanzione del 30% e richiesto il recupero dell’intero credito IVA compensato, come previsto dall’art.13, comma 4 del D.Lgs. n. 471/1997”.
Il Tribunale di Bari ha quindi riconosciuto che l’inadempimento riguardava solo un aspetto formale e che non sussistevano elementi per invalidare la compensazione o irrogare sanzioni amministrative così severe.
“Le decisioni del Tribunale di Bari evidenziano che l’attenzione si sposta dalla mera osservanza delle forme alla sostanza delle operazioni fiscali. Se il credito d’imposta è effettivamente sussistente e verificabile – conclude Buselli – l’operazione di compensazione non dovrebbe essere invalidata per una mera irregolarità formale”.