La trasformazione del mercato, delle risorse e della governance del nostro Paese, sul tema portante della sostenibilità ambientale, sono stati i temi al centro della conferenza stampa di Federmeccanica dal titolo ‘Industria automotive: un patrimonio italiano di fronte alle transizioni’.
La congiuntura economica post pandemia, impone infatti delle riflessioni che siano più che mai aderenti alla realtà. Non a caso, i sindacati hanno voluto mettere subito al centro del dibattito un grido di allarme. Così, in apertura, le associazioni di categoria hanno lanciato una sorta di avvertimento: “Lo stop dell’Ue alla vendita di nuove auto che producono emissioni di carbonio potrebbe costare al comparto 73mila posti di lavoro”. Per adesso, nonostante la “caduta della produzione nazionale di autoveicoli – che è passata dagli oltre 1,8 milioni di veicoli del 1997 ai 700.000 nel 2021 – il settore ha, nel suo insieme, un peso rilevante nell’economia italiana”. Un monito, un grido di allarme, che è stato raccolto e amplificato anche da Federico Visentin, presidente di Federmeccanica: “Siamo seriamente preoccupati e non possiamo più attendere. La spinta verso la transizione è indispensabile. Tuttavia, fermare la vendita delle auto non elettriche entro il 2035 è impossibile“.
Da questo confronto aperto è emersa un’esigenza chiara: incontrare il presidente del Consiglio Mario Draghi insieme con i ministri del Lavoro, dello Sviluppo Economico e della Transizione ecologica. Il motivo? I rischi di deindustrializzazione di un settore che in Italia vale 93 miliardi di euro e rappresenta il 5,6 del Pil. L’obiettivo? La tutela e il rilancio del comparto. Imprese, sindacati e istituzioni dovranno operare in sinergia per guidare il cambiamento senza subirlo e valorizzare il patrimonio italiano. Corrado La Forgia, vicepresidente di Federmeccanica, ha spinto verso la creazione di un modello di business sostenibile “che diventi un unicum a livello mondiale”, da sviluppare proprio “in un confronto ancora più ampio con il Governo, perché i tanti rischi possano diventare opportunità nell’interesse dell’intera nazione“.
Nell’indice degli argomenti da presentare ai Ministri sono presenti anche governance e risorse. Le stesse potranno contribuire ad attivare sinergie tra gli attori della filiera e investimenti a sostegno “delle tecnologie compatibili con il Green Deal”.
“Chiediamo a Draghi di mettere assieme le competenze dei ministeri interessati per un intervento strutturale”, ha detto Francesca Re David, segretaria generale Fiom Cgil. “Oggi abbiamo Stellantis e diversi segmenti di lusso importanti – come Lamborghini – ma non c’è dubbio che si debba tornare a produrre più di 1 milione di autovetture”. A questo punto le domande di Re David sono semplici e dirette: “Come torniamo a produrre a quel livello? Come dovremmo utilizzare la cassa integrazione all’interno della transizione? Attendiamo le risposte dal Governo”.
Sulla stessa linea Rocco Palombella, leader Uilm, che ha scattato un’istantanea della situazione attuale: “Gli effetti della transizione ecologica, con il passaggio all’elettrico e lo stop alle auto con motori endotermici entro il 2035, li stiamo già registrando“, non possiamo correre il rischio “di una grave deindustrializzazione, perché vorrebbe dire perdere oltre 70mila posti di lavoro, un quarto del totale, e la chiusura di centinaia di aziende“. “È preoccupante – ha aggiunto Palombella – il fatto che il Governo non abbia previsto, all’interno del Pnrr, i 450 milioni di euro di incentivi per auto elettriche e ibride”, sarà indispensabile pensare a robusti investimenti nella formazione e nell’utilizzo di misure di salvaguardia occupazionale.
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