In tema di patteggiamento nei reati tributari, la sentenza n.37939/2024 della Corte di Cassazione chiarisce aspetti cruciali, in particolare l’obbligo dell’integrale estinzione del debito verso l’Erario e la confisca dei beni, anche quando questa non sia oggetto di accordo tra le parti o non sia stato preceduto da sequestro preventivo.
Nel caso in esame, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale della Corte d’Appello di Palermo contro la decisione del Gip del Tribunale di Agrigento, che aveva concesso una pena sospesa di nove mesi all’imputato per dichiarazione fraudolenta, senza accertare l’integrale pagamento dei debiti tributari come previsto dall’articolo 13-bis, comma 2, del D.lgs. n. 74/2000.
“L’articolo 13-bis stabilisce che il patteggiamento è possibile solo dopo la completa estinzione del debito tributario – evidenzia Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – comprensivo di sanzioni e interessi, da effettuarsi prima dell’apertura del dibattimento. La sentenza ha anche evidenziato la violazione dell’art. 12-bis del D.lgs. n. 74/2000, che impone la confisca obbligatoria dei beni ottenuti come profitto del reato o, in alternativa, la confisca per equivalente di beni di pari valore se i primi non sono disponibili. La confisca è quindi un obbligo – conclude Accolla – in caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., senza che sia necessario il consenso tra le parti su questo punto”.
Pertanto, anche in presenza di un eventuale accordo tra le parti che escluda la confisca, il giudice è tenuto a disporla.