
Con la sentenza n.29672 del 2023 la Corte di Cassazione affronta il tema dell’utilizzo delle prove bancarie come supporto per dimostrare l’esistenza di un’attività d’impresa non dichiarata ai fini fiscali. Una sentenza che rappresenta però un cambiamento di orientamento rispetto a precedenti decisioni della Corte di Cassazione.
“La sentenza in oggetto, stabilisce che l’utilizzazione dei dati bancari acquisiti presso le aziende di credito può essere considerata come prova presuntiva di maggiori ricavi o operazioni imponibili, senza la necessità di provare preventivamente che il contribuente eserciti un’attività d’impresa o lavoro autonomo. Tuttavia – evidenzia Gianluca Buselli, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – l’onere di dimostrare che i movimenti bancari non sono fiscalmente rilevanti spetterebbe comunque al contribuente”.
Nella sentenza n.23852 del 2009, la Suprema Corte aveva ritenuto che lo status di imprenditore non potesse derivare dai soli movimenti finanziari, ma da un’ulteriore intersezione di prove di natura diversa a carico della Finanza e che l’esistenza di un autonomo status soggettivo di imprenditore non poteva derivare dallo stesso elemento di prova da cui viene fatta dipartire l’inferenzialità induttiva del ricavo occulto.
“Ora, gli Ermellini cambiano rotta – prosegue Buselli – consentendo di far derivare la prova dello status soggettivo di imprenditore, da cui deriva la rilevanza dei movimenti di conto anche ai fini dell’IVA, dalle stesse indagini finanziarie, affrancando i Verificatori di istruttorie aggiuntive”.