In materia di compensazioni tra debiti contributivi e crediti fiscali, è di particolare rilievo la sentenza n.540/2023 del Tribunale di Milano, sezione lavoro.
Il caso in esame è relativo ad un’azienda che aveva provveduto a compensare un proprio debito verso l’Inps con un credito Iva acquisito da altra impresa in seguito ad una cessione di ramo d’azienda. “Nonostante la diposizione di pagamento da parte delle Entrate, l’Inps, ritenendo il credito di dubbia genuinità, provvedeva a notificare allert alle Entrate, bloccando l’abbinamento del pagamento degli Uniemens. Per il contribuente l’Inps – evidenzia Giuseppe Scolaro, presidente dell’Istituto Nazionale Esperti Contabili – avendo ricevuto le spettanze relative al credito Iva, avrebbe dovuto considerare estinto il debito, fatta salva poi l’azione di recupero nel caso in cui detto credito fosse risultato inesistente”.
“Per il Giudice poiché l’articolo 17 del D.Lgs n.241/1997 nulla dispone circa la legittimazione ad agire per il recupero dei crediti indebitamente compensati – prosegue Scolaro – laddove l’istituto previdenziale ravvisi un qualsiasi vizio su tali importi, esso è autorizzato ad agire, anche successivamente all’avvenuto accredito delle relative somme da parte dell’ente titolare del credito, poiché il pagamento è automatizzato e non suscettibile di sospensione dai rispettivi funzionari”.
La procedura automatica di pagamento tra enti – sostiene il Tribunale – è da considerarsi meramente contabile, e non sostanziale, in quanto, se l’Inps non ritiene valido il credito, può comunque decidere di non considerare saldato il debito del contribuente.