L’evoluzione della tassazione, in particolare dell’Irpef, ha inciso sulla pressione fiscale negli ultimi dieci anni che è aumentata di 3 punti percentuali, passando dal 39,6% al 42,7%. È quanto emerge dal rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB).
“Questo aumento è dovuto principalmente all’Irpef, che ha subito diverse modifiche legislative e ha visto una progressiva erosione della base imponibile. Alcuni redditi infatti – sottolinea Salvatore Baldino, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – sono stati esclusi dall’imposta, come quelli derivanti dalla cedolare secca sugli affitti, dall’esenzione per gli agricoltori e dalla flat tax per gli autonomi. Di conseguenza, gli interventi mirati a ridurre le aliquote sui redditi da lavoro dipendente sono stati meno efficaci”.
Per i lavoratori dipendenti, le modifiche normative hanno portato a una riduzione del prelievo del 3%, ma gli effetti del drenaggio fiscale hanno annullato questo beneficio, lasciando un saldo negativo sul reddito disponibile di circa -0,6% percentuali. Pensionati e autonomi hanno invece registrato effetti meno significativi. Le più premiate sono state le famiglie numerose, grazie alla variazione dei benefici che cresce in base al numero dei figli.
“Intanto, il ministro Giancarlo Giorgetti ha confermato il taglio del cuneo fiscale, definendolo un impegno inderogabile che non sarà finanziato in disavanzo. La proroga delle decontribuzione – conclude Baldino – con un costo netto di circa 11 miliardi è uno dei due pilastri della politica fiscale del governo, insieme all’assicurazione che non ci saranno scostamenti di bilancio”.