Nardi: Sostenibilità non significa ecologismo. No al ‘green washing’

Per l’Ad della Pietro Fiorentini Spa il lean management è fondamentale

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Azienda leader nella progettazione e fornitura di soluzioni tecnologiche per il settore energetico, la Pietro Fiorentini opera su oltre 100 Paesi nel mondo attraverso una vasta rete di stabilimenti e uffici commerciali che va dalla Cina agli Stati Uniti. Nel 2020 il giro d’affari del Gruppo è stato di oltre 400 milioni di euro ed è una delle realtà che meglio interpretano il ruolo di eccellenza del Made in Italy. L’amministratore delegato Mario Nardi è anche uno dei più ferventi sostenitori del lean management.

Qual è la ricetta di questo successo?
Guardando ai dati possiamo dire di non aver avuto ripercussioni di natura economica-finanziaria dalla pandemia. La crescita si è attestata vicino al 20% rispetto al 2019. Siamo stati un’eccezione nel panorama industriale, perché avendo una presenza globale e un’offerta molto ampia di prodotti e servizi abbiamo stemperato certi rischi. Oltre a questo, lavoriamo per essere abilitanti per tutto ciò che riguarda la transizione energetica. Operiamo in contesti innovativi che sono quelli del biogas, del Power-to-gas e stiamo facendo ricerca sul tema dell’idrogeno. Recentemente in Inghilterra abbiamo ottenuto certificazione e approvazione del primo contatore domestico full-hydrogen. L’intera filiera energetica si sta muovendo, alcune realtà in maniera anticipata rispetto ad altre.

Quali sono state le ripercussioni della pandemia sulla vostra azienda, considerati gli effetti sul settore energetico?
Siamo legati alla filiera essenziale e abbiamo quindi potuto continuare le attività di produzione anche durante il lockdown, con l’esclusione di due settimane a marzo 2020 quando abbiamo scelto di restare chiusi per attrezzare in modo adeguato gli stabilimenti dal punto di vista della sicurezza. Tutte le altre sedi nel mondo invece non si sono mai bloccate. In ogni caso abbiamo fatto anche interessanti scoperte sotto il profilo della gestione dell’impresa. Abbiamo svolto riunioni in remoto con un numero consistente di collaboratori che si sono rivelati molto efficienti. Non significa che non torneremo a farne in presenza, ma saremo più selettivi. L’impatto è stato notevole in termini di riduzione di sprechi: quelli da trasporto innanzitutto.

Come siete riusciti ad affrontare le restrizioni e i lockdown che sono stati applicate nei vari Paesi? Le nuove modalità di lavoro si sono rivelate efficaci?
A gennaio 2020, avendo una collegata importante in Cina, a Shanghai, che occupa circa 500 persone, abbiamo vissuto un’anteprima di quello che stava per accadere. Non potevamo ancora immaginarne la portata, ma si potevano già ipotizzare contaminazioni. Quando ciò si è avverato, abbiamo potuto prendere spunto da alcune modalità adottate a Shanghai, ovvero elevata attenzione alla sicurezza, smart working e distanziamento.

Lean e agile, Valori e principi, Diversità e inclusione, Innovazione, Accessibilità. Sono solo alcune delle sezioni del vostro nuovo sito internet. Cosa rappresentano queste keywords?
Sono termini che ricondurrei ad un concetto unico, quello della sostenibilità, un concetto chiave per valutare le organizzazioni. Le attività delle imprese sono considerate sostenibili se prendono in considerazione non solo i fattori economico-finanziari ma anche i cosiddetti criteri ESG: Environmental, in riferimento alle attività che hanno impatto su ambiente e territorio, Social, che comprende tutte le iniziative con un risvolto sociale per la collettività, e Governance, che interessa gli aspetti interni all’azienda e alla sua amministrazione. Sono temi di responsabilità non sono certo nuovi per il Gruppo Pietro Fiorentini, che ha sempre tenuto in grande considerazione non soltanto i propri clienti ma la collettività in generale e che sono oggi ancora più centrali nella definizione di ogni nostra strategia.

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La Pietro Fiorentini è considerata un’azienda ‘champion’ sia per quanto riguarda i risultati economici che per l’applicazione del lean management. Come si coniugano agilità e smart working in un settore come il vostro?
Il mondo di oggi richiede una grande capacità di adattamento a uno scenario sempre più complesso, dove gli attori si moltiplicano e ogni minuscola variabile genera effetti che si ripercuotono su tutta la catena del valore. Lo smart working è uno strumento utile, che se ben gestito può dare ottimi risultati in termini di produttività e si può combinare molto bene con le metodologie di lavoro agile. Ma non bisogna dimenticare che le aziende vivono di relazioni, sia internamente sia esternamente, e l’aspetto umano resta fondamentale. Quando la situazione sarà riportata ad una nuova normalità dovremo quindi ripristinare una parte delle interazioni che sono state limitate dalla pandemia.

A proposito di lean management, l’Italia com’è messa? C’è ancora molto da fare?
I termini inglesi hanno il dono della sintesi, e quindi se parlo di Customer centricity intendo quella spinta per elevare l’attenzione sul cliente a livello spasmodico. Questa si declina in qualità, costi e puntualità di consegna. Tutto ciò porta ad una crescita, ad una spirale virtuosa e all’innovazione. In Italia si tende a considerare il lean mangement come una serie di processi per l’efficientamento della produzione. In realtà si tratta di un approccio olistico che comprende tutti gli aspetti dell’organizzazione. Spesso questo da noi non è ancora ben chiaro. Per farlo servono un forte committment, un impegno di lungo termine e un investimento sul cambio culturale. Ciò richiede il superamento di certe resistenze nel management tradizionale e l’acquisizione di competenze che al momento non sono ancora così diffuse.

La meccanica è uno di quei settori che più hanno sofferto gli effetti economici della pandemia da Covid. Qual è lo stato di salute del settore?
Uno dei più grossi cambiamenti lo sta vivendo l’industria dell’automotive. Ci sarà sempre meno propulsione a combustione e un graduale incremento della motorizzazione elettrica. L’impatto sarà vissuto non solo dal consumatore ma anche da chi le auto le produce e fornisce tecnologia e semilavorati. La meccanica è interamente coinvolta in questa trasformazione. Altri temi rilevanti sono la carenza di materie prime e l’aumento dei prezzi. La ripresa avrà un’accelerazione ampia ma sconterà gli effetti dei fermi che si sono avute nelle fasi più critiche dell’emergenza pandemica. Il difficile approvvigionamento delle materie prime e l’aumento dei prezzi avranno ripercussioni sul consumatore finale. E questo succede nel settore della meccanica come in quello della gomma, dell’elettronica, e via dicendo.

Fino a qualche anno fa il comparto della meccanica sembrava anni luce di distanza da concetti come sostenibilità e rinnovabili. Il vostro Gruppo invece ne sta facendo un key driver…
Parlare di sostenibilità richiamando ai soli effetti sull’ambiente è una visione parziale. È il cosiddetto “green washing”, un ecologismo di facciata per far percepire una sostenibilità che è cosa ben diversa da quella che si dovrebbe perseguire. La sostenibilità passa attraverso la governance, attraverso la gestione di rischi, la riduzione degli sprechi, attraverso il prodotto e il processo.

State facendo scouting tra i PhD per l’area Ricerca&Sviluppo. Che peso ha l’innovazione alla Pietro Fiorentini?
La propensione all’innovazione e a R&S è sempre stata importante in Pietro Fiorentini e ora sta assumendo un ruolo fondamentale, strategico e centrale. Per questo investiamo in intensità di talento, in competenze multicanale: ingegneria, fisica e fluidodinamica, elettronica, comunicazione, informatica. E i gruppi di lavoro devono essere agili: in questo caso non significa lavorare da casa, ma acquisire modalità di interazione efficaci ed efficienti. Significa dedicare un team full-time ad un certo tipo di progetto. Il che porta il management ad avere una spiccata propensione al cambiamento, alla delega e all’enpowerment. Ulteriore driver di crescita è rappresentato dalle startup, che sosteniamo con risorse finanziarie e supporto manageriale. La cooperazione è elemento chiave del successo.

Uno degli ultimi accordi dell’azienda riguarda la commessa per la produzione di contatori smart per l’Uzbekistan. Ritiene che le aziende italiane sottovalutino il business potenziale con i Paesi dell’Asia centrale?
C’è un certo pregiudizio, quasi lo stesso che subiamo noi italiani negli Stati Uniti. Ci vedono come il Paese della dolce vita, del buon cibo. Sono luoghi comuni. Ma l’Italia è il paese leader dell’automazione industriale e nel mondo questa consapevolezza non c’è. Possiamo esprimere eccellenze incredibili non solo nell’abbigliamento e nel turismo, ma anche nella sanità, nei servizi. Certe competenze e qualità non sono ben valorizzate e quindi all’estero si procede per luoghi comuni. Noi d’altro canto dovremmo smettere di svilirci perché questo atteggiamento induce una spirale piuttosto negativa.