Sanzione fatture, nulla con l’emissione tempestiva

La sentenza degli Ermellini nasce da una contestazione del Fisco

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Non è sufficiente presentare la fattura per ottenere l’annullamento di una sanzione tributaria, bensì è necessario dimostrare che il documento sia stato emesso nei termini previsti dalla legge.
Lo ha stabilito l’ordinanza n.637/2025 della Corte di Cassazione, che ha confermato integralmente la decisione di secondo grado, ribadendo che il punto centrale non è l’utilizzabilità della fattura in sede di giudizio, bensì l’assenza di prova circa la sua tempestiva emissione.


La vicenda muove i passi da un atto di contestazione dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società, sanzionata per l’acquisto di un complesso immobiliare. La violazione riguardava la mancata regolarizzazione mediante autofatturazione dell’operazione (di cui all’art. 6, comma 8, del D.lgs. n. 471/1997).

“Il documento fiscale prodotto, come evidenziato dai Supremi Giudici, non era accompagnato da alcun elemento che ne attestasse l’esistenza al momento dell’operazione immobiliare. Pertanto – evidenzia Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – la Corte ha sottolineato che, qualora fosse stata dimostrata la tempestività della fattura, questa avrebbe avuto rilevanza decisiva, rendendo priva di fondamento la sanzione. Il richiamo della ricorrente all’articolo 57 del D.lgs. n. 546 del 1992, relativo all’utilizzabilità di documenti non esibiti in sede di verifica fiscale, è stato giudicato inconferente. La Cassazione – conclude Accolla – ha precisato che la contestazione sulla fattura non introduceva nuovi elementi a sostegno dell’atto sanzionatorio, ma si limitava a confutare il valore probatorio del documento”.