È considerato ammissibile il ricorso di legittimità nativo digitale privo di firma elettronica del difensore se è comunque possibile attribuire la paternità all’atto. A stabilirlo le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n.6477/2024.
“Nel caso in esame, una S.r.l. ha ottenuto un verdetto favorevole dalla C.T.R. del Lazio riguardante un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. La società – spiega Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – ha contestato la validità del ricorso per cassazione notificatole dalla Difesa erariale, affermando che mancava la sottoscrizione elettronica dell’avvocato dello Stato titolare del fascicolo”.
La Sezione tributaria ha deciso di rimettere alle Sezioni Unite la questione della validità della notificazione a mezzo Pec di un ricorso per cassazione nativo digitale, ovvero redatto e interamente confezionato in ambiente informatico, privo della firma dell’Avvocato dello Stato il cui nominativo risulti apposto in calce, quale patrono erariale.
“Secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite – prosegue Alfredo Accolla – se la notificazione del ricorso nativo digitale è avvenuta dalla casella Pec dell’Avvocatura generale dello Stato censita nel Reginde ed è stata depositata una copia del ricorso in modalità analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato dello Stato, ciò costituisce prove univoche della paternità dell’atto. Viene così superato il vizio della mancata sottoscrizione digitale dell’originale informatico del ricorso”.