L’erario può anticipare il compenso del curatore del fallimento

I chiarimenti della Corte di Cassazione

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Il compenso spettante al professionista, in qualità di curatore del fallimento, non può essere ridotto in considerazione dell’attivo insufficiente: la parte eccedente la disponibilità di cassa va posta a carico dell’erario.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n.27442/2023.

“La Suprema Corte ha ricordato che la norma secondo la quale, ai sensi dell’articolo 146 del D.P.R. n. 115 del 2002, nella procedura fallimentare, se tra i beni compresi nel fallimento non vi è denaro per gli atti richiesti dalla legge, alcune spese sono prenotate a debito e altre sono anticipate dall’erario, tra le quali le spese ed onorari ad ausiliari del magistrato momento – spiega Fedele Santomauro, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale nella parte in cui non prevede che sono spese anticipate dall’erario le spese ed onorari al curatore in caso di fallimento privo di attivo”.

“Dal momento che l’ambito della norma è stato esteso al curatore in forza di sentenza additiva – conclude Santomauro – per gli Ermellini, la stessa regola deve valere anche per il caso di attivo insufficiente”.